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venerdì 8 novembre 2013

Peli o non peli?


"Perché è scomparsa la pelliccia?
Per molto tempo si è creduto che la scomparsa dei peli sia stato un meccanismo di raffreddamento  uscendo dalle foreste piene d’ombra, lo scimmione cacciatore, esposto a temperature molto più elevate, si sarebbe liberato del suo mantello per impedire un surriscaldamento. In realtà questa spiegazione è sbagliata. L’esposizione della pelle nuda all’aria, infatti, se aumenta la dispersione di calore, ne aumenta contemporaneamente l’assunzione. E di molto. Non a caso, i leoni possiedono un pelo, sì corto, ma molto fitto mentre i beduini, che attraversano le roventi sabbie del Sahara, si infagottano in ampi abiti di lana che proteggono dal calore proveniente dall’esterno e consentono all’aria di circolare intorno al corpo, favorendo così l’evaporazione del sudore e il conseguente raffreddamento.
Si è ipotizzato allora che sia stato il particolare tipo di caccia praticata dall’Uomo Scimmia a determinare la scomparsa della pelliccia. Non essendo, come gli altri predatori, fisicamente dotato per effettuare attacchi fulminei sulla preda o per intraprendere lunghi inseguimenti il nostro antenato sostituì alla pelliccia un notevole strato di grasso e lo sviluppo di ghiandole sudorifere che garantivano, tramite il sudore, un raffreddamento notevole, non per la vita di ogni giorno, ma per i soli momenti più impegnativi della caccia. Questa teoria spiegherebbe, tra l’altro, le sopracciglia e i ciuffi di peli sotto le ascelle e sul pube, sopravvissuti nei millenni per raccogliere e disperdere il sudore, ma non è ritenuta pienamente soddisfacente dagli antropologi (che su questo argomento negli ultimi venti anni hanno tenuto almeno tre convegni internazionali) poiché presuppone che, per migliaia di secoli, la temperatura del pianeta sia stata uguale a quella che oggi caratterizza l’area del Mediterraneo.

Un’altra teoria vuole che la scomparsa della pelliccia sia avvenuta due milioni di anni fa quando la Scimmia Uomo, con il progressivo ritiro delle foreste, si trasformò da nomade in animale stanziale; ma la tana nella quale dormiva ogni notte, certamente, era affollata di talmente tante zecche, vermi, cimici e pulci, da costituire un grave pericolo di malattie. Diradando il suo mantello peloso, quindi, l’abitante della tana fu in grado di affron­tare meglio il problema delle infestazioni. Le stesse abitudini alimentari del nostro antenato avrebbero accelerato la trasformazione. Essendo egli anche carnivoro è possibile che la sua pelliccia si imbrattasse continuamente di sangue e avanzi degli animali divorati e così, al pari degli avvoltoi, (i quali hanno perso le penne sul capo e sul collo che affondano dentro carcasse insanguinate) è possibile che lo stesso processo, esteso a tutto il corpo, sia avvenuto tra gli scimmioni cacciatori. È improbabile però, annotano altri antropologi, che la capacità di costruire arnesi per uccidere e scuoiare la preda abbia preceduto quella di usare altri oggetti per pulire il pelo; in fondo, anche uno scimpanzé allo stato selvaggio usa le foglie come carta igienica se ha delle difficoltà nella defecazione.
La teoria più intrigante afferma, invece, che il nostro antenato, lasciate le foreste, prima di diventare uno scimmione cacciatore, avrebbe attraversato un lungo periodo come scimmione acquatico. Sulle spiagge avrebbe trovato crostacei e altre creature in relativa abbondanza; una riserva di cibo molto più ricca ed attraente di quella dei territori aperti. All’inizio avrebbe annaspato nelle pozze tra le rocce o nel­l’acqua bassa, ma poi avrebbe cominciato a nuotare a profondità sempre maggiori e a tuffarsi alla ricerca di cibo. È possibile che durante questo processo egli abbia perso il pelo, come gli altri mammiferi che sono ritornati al mare. Soltanto la testa, sporgendo dalla superficie dell’acqua, avrebbe conservato uno strato peloso come protezione dai raggi diretti del sole. Più tardi, quando i suoi utensili (nati all’origine per rompere le conchiglie) erano diventati abbastanza evoluti, egli si sarebbe inoltrato negli spazi aperti come novello cacciatore. Questa ipotesi, tra l’altro, spiegherebbe perché noi oggi ci sentiamo tanto a nostro agio nell’acqua, (mentre i nostri parenti più stretti, gli scimpanzé, annegano miseramente), la forma affusolata dei nostri corpi e la particolare disposizione dei peli residui sulla nostra schiena che differisce da quella degli altri scimmioni. Nell’Uomo, infatti, sono diagonalmente rivolti all’indietro e internamente verso la colonna vertebrale, seguendo la direzione del flusso dell’ac­qua su di un corpo che nuota, il che dimostrerebbe che, se il mantello peloso venne modificato prima della sua perdita, ciò avvenne per ridurre la resistenza durante il nuoto.
A supportare la teoria acquatica della scomparsa del pelo concorre, inoltre, la constatazione che noi siamo gli unici fra tutti i primati a possedere uno spesso strato di grasso sottocutaneo che come altri mammiferi che vivono nell’acqua, quali le balene o le foche, avrebbero sviluppato questa difesa dal freddo per compensare la perdita del pelo. Persino la sensibilità delle nostre mani è stata messa in causa a favore della teoria acquatica. Anche una mano piuttosto rozza riesce, dopo tutto, a tenere un bastone o una pie­tra, ma per sentire il cibo nell’acqua occorre una mano fine e sensibile. Forse così lo scimmione cacciatore acquisì la sua sensibilissima mano.

Ma se sulla scomparsa della pelliccia tutte le ipotesi sono ancora aperte, una domanda, apparentemente banale, getta nello sconforto i ricercatori: perché agli uomini cresce la barba e alle donne no? L’analisi del mondo animale non ci dà nessuna indicazione utile in quanto, in alcune specie, la “barba” è prerogativa delle sole femmine, in altre dei soli maschi. Si è tentato quindi di leggere nella barba dei Primati – Homo Sapiens incluso – un qualche segno di riconoscimento rivolto al partner per stimolarlo sessualmente o ai cuccioli per indirizzarli verso la poppata ma non si è andati molto avanti con queste teorie. La stessa disamina degli ormoni preposti al risveglio dell’attività sessuale, e che contemporaneamente influenzano la crescita della barba, non ci da’ una soddisfacente risposta alla nostra domanda. Non ci resta, quindi, che concentrare la nostra attenzione sulla storia della rasatura che, con buona pace di innumerevoli donne, che furtivamente armeggiano con cerette, rasoi e creme depilatorie, resta una attività dei maschi."



Detto questo e con le mie pretese da profano azzardo una teoria che è parte del tutto e mi sembra la più logica possibile. In primo luogo è importante pensare dove si sia verificata questa mutazione. Se parliamo delle savane la risposta è più complicata. Ci sono studi che dimostrano che la quantità di peli che avevamo, non ci avrebbe permesso di muoverci nelle ore più calde della giornata. Mi sta pure bene ma qual'è eventualmente il vantaggio di muoversi in queste ore perché eventualmente ci fossimo spinti a fare questa mutazione?

Detto questo forse c'è più qualcosa di vero ed andando contro corrente, sull'uomo acquatico. E' noto per chiunque che le coste e la battigia sono aree in cui il cibo è più facile da reperire ed è un mondo a metà tra terra e acqua. Non importa immergersi completamente per reperire il cibo. Ci sono aree in cui rimangono intrappolati pesci, vasche e pozze naturali, sotto la sabbia ti trovano i nitili ed i granchi. La cosa fondamentale però è che stando immersi in questo mondo, l'unica cosa che effettivamente rimane emersa è la testa. Sarebbe giustificata la permanenza di peli sulla testa ed il lasciare il compito più facile alle donne mentre gli uomini si dedicavano ad un ambiente più vario, la presenza diversa dei peli facciali tra l'uomo e la donna.
Detto questo e per non farlo sembrare troppo serio, per ora abbiamo una sola certezza: la depilazione totale della topa è dovuta in gran parte al bdsm. Chissà come la terranno i nostri nipoti :D.

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